Fra proposte ed emendamenti, la strada per regolarizzare fiscalmente gli affitti brevi, molti dei quali veicolati con Airbnb e simili, sembra tortuosa. Tuttavia la materia è calda e potrebbero arrivare altre novità.
Le associazioni di categoria, prima fra tutti Federalberghi, parlano di vuoto normativo che incoraggia (se non legittima) le attività abusive, i cui introiti sono nascosti al fisco. Inoltre non esiste al momento la possibilità di eseguire controlli in modo sistematico.
Altri operatori, sostenengono che il fenomeno della sharing economy è una realtà con cui fare i conti, e parlano di regolarizzare le posizioni sulle locazioni brevi e affitti turistici con una "flat tax" (cioè un'aliquota unica), senza penalizzare troppo i piccoli introiti, ma facendo emergere un'economia sommersa i cui numeri tendono a salire, non solo in Italia, ma anche all'estero (per approfondire le misure fiscali adottate all'estero, leggi "New York contro Airbnb. Continua il testa a testa").
Ma veniamo alle ultime novità sull'argomento.
Legge Bilancio: ritirato l'emendamento "Airbnb"
Uno delle novità dei giorni scorsi è stata la presentazione di un emendamento alla legge Bilancio 2017, prima approvato in Commissione Bilancio in data 11 Novembre, e poi ritirato (senza che fosse neanche messo ai voti) dalla stessa fimataria Silvia Fragolent, deputata PD. Le ragione del ritiro di questo emendamento è stata la volontà del presidente del Consiglio. In un tweet, Renzi esprime (a suo modo) questa "bocciatura" da parte del governo:
L'emendamento conteneva alcune novità sostanziali:
- l'istituzione presso l'Agenzia delle entrate di un Registro unico nazionale di privati che offrono ospitalità in appartamenti e strutture “extralberghiere” tramite portali on line, come AirBnb;
- l'applicazione di una cedolare secca al 21% per questa tipologia di redditi.
In pratica, se questo emendamento fosse passato, chi affitta appartamenti e camere non avrebbe potuto più nascondersi, poichè avrebbe dovuto comunicare l'inizio attività al registro unico nazionale, prima di pubblicare il proprio annuncio su Airbnb.
La situazione attuale
La situazione attuale prevede che i proprietari che effettuano locazioni ad uso turistico usando Airbnb (e tante altre piattaforme con le funzionalità simili) debbano assoggettare questi redditi a Irpef, oppure scegliere di pagare la cedolare del 21% invece che la propria aliquota Irpef marginale.
Ovviamente, queste considerazioni non si applicano agli operatori professionali, cioè compresi nel regime di appicazione IVA, che assumono forma imprenditoriale con tutti gli altri adempimenti amministrativi e contabili.
Il problema sollevato dalle associazioni di categoria, è che i proprietari di immobili per affitti turistici, dato che non c'è obbligo di registrazione per i contratti sotto i 30 giorni, possano evadere le tasse senza rischiare troppo, non pagando né Irpef né cedolare secca (per approfondire, leggi l'articolo "Albergatori VS Affittacamere").
Locazioni ad uso turistico: Le leggi Regionali
Attualmente, ogni regione definisce in modo autonomo queste attività extra-alberghiere non professionali introducendo limiti di durata, capienza e reddito diversi per ogni regione. Anche la terminologia ("b&b familiare", "affittacamere") non è omogenea nelle norme che si sono date le Regioni.
Tra le tipologie di attività assoggettate alla "giungla" di leggi regionali troviamo agriturismi, affittacamere, bed & breakfast, case ferie, case vacanze, ostelli, rifugi alpini.
Ad esempio, la Liguria consente gli affitti turistici (senza obbligo di partita Iva) per un massimo di 3 unità collocate nello stesso Comune; l'Emilia-Romagna pone un limite di 3 immobili, specificando una durata massima di 6 mesi consecutivi; la Lombardia ha un limite di tre unità per Comune, specificando solo che l'attività sia svolta in modo occasionale (i cui criteri sono di difficile applicazione), senza un limite fissatto.
Anche se la normativa fiscale è definita a livello nazionale, secondo le associazioni di categoria e alcuni operatori del settore, il nero riguarderebbe circa il 75% degli immobili affittati per uso turistico, a causa dei vuoti normativi sulla materia.
Le proposte sugli affitti turistici: quale modello fiscale?
Dopo il ritiro delll'emendamento ribattezzato "Airbnb" restano altre proposte che hanno lo spirito di regolarizzare gli affitti turistici, e far emergere il sommerso. Infatti, la proposta di legge denominata "Sharing Economy Act" (atto della Camera n. 3564, di cui il primo firmatario è Veronica Tentori del PD), ancora in discussione alle Commissioni IX e X della Camera, prevede un'aliquota del 10% (decisamente più bassa della cedolare secca al 21%) per ricavi annui fino al tetto di 10.000 euro.
La proposta prevede anche che i portali riscuotano direttamente questa somma diventando sostituti d'imposta. In questo caso, oltre a tassare i redditi in questione, ci sarebbe un coinvolgimento diretto di Airbnb e altre piattaforme per adeguarsi alla nuova normativa.
Federalberghi è sempre più coinvolta nel dibattito sulla questione, e rilancia con una nuova dichiarazione attraverso il suo presidente Bernabò Bocca, con delle proposte per il futuro:
“Il dibattito che in questi giorni si sta sviluppando in merito alla cosiddetta 'tassa Airbnb' rischia di distrarre l'attenzione dal bubbone che affligge il mercato turistico italiano, inquinato da centinaia di migliaia di alloggi che operano in completo spregio alla legislazione fiscale e alle altre norme che disciplinano lo svolgimento delle attività ricettive, danneggiando tanto le imprese turistiche tradizionali quanto coloro che gestiscono in modo corretto le nuove forme di accoglienza.
L'obiettivo non dev'essere quello di introdurre nuove tasse, ma di far sì che tutti gli operatori paghino le tasse nella giusta misura e rispettino le regole poste a tutela dei consumatori, dei lavoratori, della sicurezza pubblica e del mercato. Confidiamo pertanto che faccia strada la proposta di istituire presso l'Agenzia delle Entrate un registro di coloro che svolgono attività ricettiva in forma non imprenditoriale, prevedendo che i portali debbano comunicare al fisco gli estremi di ogni transazione al fine di assicurare che anche i furbetti dell'appartamentino paghino le imposte, applicando le stesse regole previste per i contribuenti onesti che adempiono al proprio dovere quotidianamente”.
Quindi anche secondo Federlaberghi dovrebbero essere i portali turistici a rivestire il ruolo di sostituto d'imposta, oltre all'istituzione di un registro nazionale che possa scoraggiare le attività sommerse.