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Slitta l'approvazione del decreto legge sugli affitti brevi presentato dal Ministero del Turismo. Le nuove misure proposte subiscono una battuta d'arresto a causa dell'opposizione sollevata da alcune parti del Governo, tra cui la Lega. Con questa decisione, il dibattito sugli affitti brevi e su come questi impattano sull'economia e sul tessuto urbano delle città italiane, continua ad essere oggetto di discussione all'interno dell'esecutivo e tra i vari attori coinvolti che operano nel settore dell'ospitalità e dell'immobiliare.

Il decreto legge proposto dal Ministero del Turismo aveva l'obiettivo di introdurre anche in Italia nuove regole e limitazioni agli affitti brevi (anche se nella sostanza molto diversi dai provvedimenti approvati recentemente a New York). Alcuni dei punti chiave contenuti nell'ultima versione della bozza, prevedono l'introduzione del "minimum stay" di due notti, la limitazione a due appartamenti per i proprietari che intendono usufruire della cedolare secca per locazioni inferiore a 30 notti, oltre all'obbligo di aprire una partita Iva per i proprietari con tre o più immobili destinati agli affitti brevi. Inoltre, è prevista anche l'introduzione di misure di sicurezza simili a quelle richieste per gli alberghi, come dispositivi antincendio e rilevatori di monossido di carbonio (per consultare nel dettaglio il contenuto della bozza, leggi anche "Nuova Proposta di Legge in Italia per Regolamentare gli Affitti Brevi: novità e reazioni delle Associazioni di Categoria").

Tuttavia, l'entrata in vigore di queste restrizioni è stata rinviata in seguito alle critiche sollevate dal leader della Lega, il quale sostiene che la proprietà privata dovrebbe rimanere "intoccabile" e che i proprietari dovrebbero "essere liberi di decidere come utilizzare i propri immobili", indipendentemente dalla durata della locazione. 

Questa posizione, tuttavia, dà luogo a facili obiezioni, in quanto le nuove misure non vanno a limitare la proprietà privata, ma a regolamentare l'attività imprenditoriale. Come espresso dal presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca: 

A casa mia la proprietà privata è quella dove tu vivi. Invece con questa norma tu ti compri tranquillamente due appartamenti e ci fai un business per 365 giorni l'anno con gli affitti brevi. 

La battuta di arresto non è stata accolta di buon grado dalle associazioni di categoria, soprattutto da quelle che rappresentano il settore alberghiero (che comunque considerano il provvedimento italiano poco incisivo, mentre simpatizzano per il "modello New York"). Le associazioni, infatti, hanno sollevato notevoli preoccupazioni in merito alla concorrenza non regolamentata svolta da questa tipologia di attività di tipo non imprenditoriale. In più resta il problema dell'evasione fiscale da parte di alcuni proprietari che, privi di controllo, riescono a non pagare le imposte, operando in nero. Altro aspetto da non sottovalutare è l'impatto degli affitti brevi sul tessuto urbano delle città italiane, che alcuni indicano come la causa dell'aumento dei canoni di locazione ordinaria e della scarsa disponibilità di unità abitative destinate ai residenti. 

E intanto in Europa...

La commissione Mercato Interno e Tutela dei Consumatori del Parlamento Europeo ha recentemente dato il via libera a una proposta volta ad affrontare la questione degli affitti brevi e uniformare le regole in questo settore. 

Secondo quanto stabilito dai membri del Parlamento Europeo, ogni Stato membro dovrà creare un portale digitale unificato per ricevere dati mensili dalle piattaforme che pubblicano gli annunci di affitto. La Commissione avrà il compito di semplificare le procedure per le piattaforme online utili alla condivisione dei dati, garantendo che i sistemi siano compatibili tra di loro. Nella pratica, questi dati verranno utilizzati per stilare statistiche e per aiutare i governi dei singoli Stati ad applicare e far rispettare le normative vigenti.

Stando al testo della proposta, che dovrà essere confermata il prossimo ottobre durante la sessione plenaria del Parlamento Europeo, gli Stati membri entro 18 mesi dovranno adeguare i propri sistemi e le piattaforme dovranno eseguire controlli periodici, eliminando gli annunci che non rispettano le regole

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